Missionari maceratesi in Kenya, anche due bambini con i volontari. «Incontrato realtà inaccettabili»

Missionari maceratesi in Kenya, anche due bambini con i volontari. «Incontrato realtà inaccettabili» L’associazione Sermigo è tornata in Africa per aiutare i piccoli ospitati alla missione Bosco Boys di Nairobi. Tra chi è partito c’erano studenti, adulti e anche una famiglia con i figli. I loro racconti: «Siamo stati accolti con un’ospitalità enorme dai salesiani e dai bambini e ragazzi. È incredibile quanto amore riescano a dare anche se nella loro vita poco ne hanno ricevuto. Entrare nelle baracche di Kibera, da dove molti di loro arrivano, toglie il fiato» I volontari dell’associazione “Sermigo don Ennio Borgogna” tornano in Africa e quest’anno si sono concentrati a dare sostegno alla missione Bosco Boys di Nairobi, in Kenya. Il gruppo arrivato da Macerata era composto da dieci persone tra studenti, adulti con precedenti esperienze missionarie e anche una famiglia con due bambini. I volontari dell’associazione hanno fatto ritorno dopo alcuni anni di pausa correlata soprattutto alla pandemia. Ma è da più di vent’anni che la Casa Salesiana di Macerata, tramite l’associazione fondata dal maceratese don Ennio Borgogna, si pone l’obiettivo di sostenere i progetti dei missionari salesiani che dedicano la loro vita alle persone svantaggiate, vivendo a stretto contatto con le fasce più povere ed emarginate della popolazione, in particolare in Kenya e Tanzania. Quest’anno, tramite il missionario salesiano don Felice Molino, l’associazione si è concentrata sul sostegno della missione Bosco Boys di Nairobi e proprio là sono andati i 10 volontari per conoscere la realtà locale, confrontarsi con i ragazzi di strada, servire con le proprie competenze personali e professionali, consegnare personalmente le donazioni ricevute dai tanti benefattori. Un gruppo misto composto da giovani, liceali e studenti universitari, adulti con precedenti esperienze missionarie e una famiglia con due bambini. «Moses, Allan, Peter, John, Fred, Nerere sono alcuni dei bambini e ragazzi che vivono al centro di accoglienza Bosco Boys di Utume – spiega Luca, uno dei volontari – insieme ai salesiani Padre Peter, John, Sten e i volontari. Sono bambini e ragazzi che vengono “sottratti” dalla strada da questi sacerdoti. Sono bambini che scappano dalle proprie terre perché orfani o abbandonano le proprie famiglie in cerca di cibo. Bambini con storie di violenza, abusi, malattie, sporcizia, mancanza di educazione. Bambini che si ritrovano a vivere in strada, passano l’esistenza all’aperto e incontrano in strada la droga, unico escamotage per frenare i morsi della fame e non soffrire. I salesiani del Bosco Boys li avvicinano, conquistano la loro fiducia e li accolgono in un posto sicuro. Il Bosco Boys è un centro di prima accoglienza, costruito con i fondi raccolti da don Felice, dove si impara a vivere e ad essere amati: “Here to be transformed”. Si gioca, si danza, si prega e si iniziano i primi studi. Un percorso dove non mancano le difficoltà, perché a volte il richiamo della droga è così travolgente da far sì che alcuni ragazzi scappino. «Ma nonostante ciò molti riescono, grazie al carisma dei salesiani e volontari che lavorano in questo centro – continua Luca -, a completare il percorso, della durata di circa sei mesi, a superare gli ostacoli e il peso della propria storia personale. Uno degli obiettivi principali è ricongiungere questi bambini alle proprie famiglie e prospettare poi una speranza tramite un percorso che prevede la possibilità di istruzione tramite scuole primarie, secondarie e tecniche». «In questo centro siamo stati accolti con un’ospitalità enorme dai salesiani e dai bambini e ragazzi – racconta un’altra volontaria, Federica -. E’ incredibile quanto amore riescano a dare questi ragazzi anche se nella loro vita poco ne hanno ricevuto. Non è mai mancato un sorriso, un abbraccio, una benedizione “God bless you”. Alcuni di loro sono stati degli affettuosi fratelli maggiori per i nostri due bambini. È difficile raccontare le emozioni e le storie vissute. Entrare nelle baracche di Kibera, lo slum più grande d’Africa, da dove molti di loro arrivano, toglie il fiato. Le strade sono strette, tra una parete di lamiera e l’altra, la luce del sole è scostante. Cavi elettrici sospesi, per una corrente che non arriva ovunque. Si cammina calpestando immondizia e stando attenti a schivare ruscelli di acqua scura, putrida, tra polli e cani che si alimentano di spazzatura. Nelle baracche, grandi pochi metri quadrati (circa 4-5), ci sono famiglie, la maggior parte composta da donne abbandonate dai mariti, che provvedono a 4-5 figli da sole. Siamo stati in una baracca dove vive una mamma con un figlio affetto da paralisi secondaria a meningite. La mamma di giorno deve andare a lavorare e quindi è costretta a lasciare il proprio figlio solo in questo tugurio, al buio, incapace di muoversi. In un’altra baracca abbiamo incontrato una mamma cieca che cerca di provvedere come può ai suoi tre figli. Una realtà sconvolgente, inaccettabile. In questo inferno ci sono persone che con forza sovrumana cercano di combattere e donare speranza. Abbiamo incontrato le suore della Congregazione Ancelle della Visitazione che, insieme a don Felice, provvedono ad avvicinare le famiglie più bisognose e aiutarle portando loro cibo e materiali di prima necessità. Camminano al fianco di queste persone portando loro amore e speranza. La speranza è sicuramente ciò che ci portiamo a casa. In questa terra così disperata, si respira paradossalmente un senso di religiosità che penetra nella vita. Un grande insegnamento che ci donano questi ragazzi e questi missionari. Nella disperazione abbiamo toccato il vero cristianesimo». «Si ritorna a casa – spiega Leonardo Giusti, presidente dell’associazione – non per fermarsi ma per proseguire il cammino. Come associazione abbiamo molti progetti da sostenere e portare avanti in Africa ma anche a casa nostra. Gli obiettivi infatti, oltre che sul sostegno economico dei progetti adottati, sono incentrati anche su progetti di servizio locale e su un percorso di sensibilizzazione rivolto a giovani studenti e giovani adulti da svolgere durante l’anno, che terminerà con un’esperienza missionaria in terra africana nel periodo estivo. Ci teniamo a ringraziare i tanti benefattori che ci hanno sostenuto e continuano a sostenere,dai privati ad alcune aziende locali, il cui supporto

Da Macerata alla Tanzania,15 volontari al fianco degli ultimi:«Esperienza che cambia la vita»

Da Macerata alla Tanzania, 15 volontari al fianco degli ultimi: «Esperienza che cambia la vita»   Il gruppo dell’associazione M.G.S. Ser.Mi.G.O. don Ennio Borgogna ha affiancato le suore che operano a Morogoro, portando con loro anche un frigorifero e un congelatore donati da alcuni benefattori e acquistato letti e materassi: «il sogno è quello di realizzare una scuola per i ragazzi più poveri e la nostra associazione si è impegnata a sostenere questo progetto» Prosegue il progetto intrapreso dall’associazione Mgs Sermigo don Ennio Borgogna nella città di Morogoro, in Tanzania. Lo scorso agosto, 15 volontari sono partiti per visitare e sostenere la nuova missione delle suore Figlie di Maria Ausiliatrice, guidata da suor Cecilia Cardinal, amica da tempo della Casa salesiana di Macerata. «Tante emozioni, contrastanti tra loro, mi invadono ora – racconta Chiara Ranzuglia, studentessa universitaria – ciò che però predomina è un profondo senso di gratitudine nei confronti di tutte le persone che ho incontrato in queste due settimane, le quali, in modi diversi, mi hanno cambiata. Poter passeggiare per le strade di Morogoro è stato un vero e proprio dono, la loro accoglienza travolgente, all’inizio quasi incomprensibile, ti inonda d’amore. Io sconosciuto busso alla tua porta, chiedendoti di entrare in uno spazio che contiene tutte le tue fragilità, difficoltà che fuori riesci a nascondere con la potenza dei tuoi sorrisi, e tu bambina, ragazzo, madre mi accogli nella tua casa, senza timore, mostrandomi tutta la tua dignità all’interno di quattro mura che dignitose non sono. Il coraggio e la forza nell’affrontare le sfide della vita delle suore che ci hanno guidato e della comunità che abbiamo avuto l’onore di conoscere, sono stati davvero significativi. La loro speranza, che non viene soffocata neanche dalla povertà che incombe in quel luogo e che sembra far terra bruciata ovunque arrivi, sarà la mia fonte di energia ora che siamo tornati, volenterosi di restituire tutto il bene ricevuto». «Un’esperienza che mi ha aperto gli occhi e il cuore – prosegue Matteo Compagnucci, architetto – ogni giorno ci siamo dedicati all’animazione dei bambini delle scuole e nel weekend dell’oratorio; abbiamo fatto visita alle case delle famiglie più povere, incontrando persone che vivono in condizioni di estrema difficoltà, realtà che, fino a quel momento, conoscevo solo in modo molto superficiale. Ho visto la dignità di chi, nonostante tutto, cerca di vivere con speranza e coraggio. Gli ultimi giorni siamo andati in visita nella missione salesiana di Temeke, dove il Sermigo, insieme a don Ennio Borgogna ha contribuito alla costruzione di una scuola primaria e nello sviluppo del centro missionario. Questa missione ha cambiato il mio modo di vedere il mondo e mi ha insegnato che, anche nelle piccole azioni quotidiane, possiamo fare la differenza. Tornando a casa porto con me ricordi indimenticabili, la determinazione a fare la mia parte per aiutare chi è in difficoltà, ma soprattutto la speranza che un giorno il centro missionario Fma di Morogoro possa diventare una casa accessibile per i tanti giovani poveri della regione». I volontari hanno anche consegnato alle suore e alle famiglie più povere le donazioni e il materiale offerti dai tanti benefattori. «Con le donazioni ricevute prima della partenza abbiamo sostenuto la missione delle suore attraverso l’acquisto di frigorifero e congelatore e altri oggetti utili per il loro vivere quotidiano, abbiamo acquistato dei letti e materassi per le famiglie più povere che abbiamo incontrato, tra cui una signora paraplegica che vive in una baracca di 15 metri quadri, senza acqua e elettricità, abbiamo consegnato vestiario, scarpe, materiale sportivo, cartoleria, medicine e tanto altro. L’istruzione è indispensabile per oltrepassare questa povertà e avere speranza, ogni ragazzo dovrebbe avere diritto a potervi accedere, purtroppo però non tutte le famiglie possono sostenere le spese scolastiche (tasse e materiale).  E da questo pensiero nasce il sogno di realizzare una scuola per i ragazzi più poveri e la nostra associazione si è impegnata a sostenere questo progetto».  

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